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L’ILLUMINAZIONE MUSEALE CON L’ARCHITETTO MASSIMO VENEGONI

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L’ILLUMINAZIONE MUSEALE CON L’ARCHITETTO MASSIMO VENEGONI

L’illuminazione museale è qualcosa di più di una questione di illuminazione adeguata: è un mix di tecnica, creatività e sensibilità che permette di raccontare ogni opera esposta in modo unico. 

Indaghiamo il tema con Massimo Venegoni, architetto di Studio Dedalo – architettura e immagine, dalla cui collaborazione con Light Team nascono diversi progetti illuminotecnici, in importanti istituzioni culturali. Tra questi segnaliamo il riallestimento del museo etnografico dei Missionari della Consolata (Torino, 2023) e del museo Valdese di Torre Pellice (TO). 

 

Da luogo di studio il museo sta diventando un’esperienza d’intrattenimento. L’illuminazione cambia di conseguenza? Verso quale direzione? 

Sì, l’illuminazione cambia in direzione di una maggiore spettacolarizzazione: ad esempio si usa molto la penombra, cioè un effetto di luce che prende spunto da teatro e cinema. I visitatori vengono introdotti in un ambiente in cui all’esposizione – alla comunicazione – dell’oggetto viene aggiunto un elemento di emozione, attraverso luce ed effetti sonori. E, proprio come la musica, l’illuminazione non deve soltanto catturare l’attenzione sull’oggetto esposto ma deve avere un ritmo, che simbolicamente porti alla scoperta. Priva di ritmo, la visita in un museo assomiglierebbe a un viaggio in autostrada, prevedibile e monotono. Ed è proprio questo ritmo che la trasforma in un sentiero, pieno di sorprese e scoperte.  

 

Nel creare ritmo, l’illuminazione è più efficace se il visitatore la nota oppure se non la percepisce? 

Nascondere o mostrare è una scelta. La luce può essere un elemento magico, immateriale, che coglie il visitatore senza che ne abbia coscienza e può anche riportarlo all’esperienza di essere in un ambiente naturale, eliminando la sensazione di essere in un luogo artificiale. Al termine del percorso espositivo di un museo, ad esempio, con il mio studio ho realizzato una sala relax illuminata con apparecchi a incasso (Laser Blade iGuzzini). Questa scelta trasmette la sensazione di luminosità naturale, calore e serenità al punto tale che diverse persone hanno commentato «chissà come sarà questa sala quando si accendono le luci»… e la luce era già accesa! Questa è una prova straordinaria non soltanto del successo di un’apparecchiatura ma dell’idea di comfort che può dare una scelta illuminotecnica. 

 

Qual è la funzione della luce in un progetto? 

La luce è tra le fondamenta di un progetto, non gli si sovrappone in un secondo momento. Spazio e luce sono due elementi basilari che gli architetti dovrebbero lavorare contemporaneamente in quanto intimamente legati: ad esempio un’illuminazione senza ombre annulla il volume, quindi lo spazio.  

La percezione dello spazio è un elemento antropologico: quante volte accade a ognuno di noi di recarsi in un luogo in cui non siamo più andati dalla nostra infanzia e dirci «me lo ricordavo più grande!». Anche l’esperienza della luce è un fattore emozionale: si pensi alla paura del buio cioè dell’assenza di luce. Se lo spazio è una dimensione fisica, in cui ci si misura col corpo, con la luce si misurano invece la propria angoscia e la propria serenità.  

 

Come si costruisce un Light Team? 

Non ho una formazione specifica sull’illuminotecnica e mi sono quindi preziosi i contributi di professionisti come quelli di Light Team, in grado di eseguire verifiche illuminotecniche su quelle che sono le mie sensazioni. Per realizzare un buon progetto bisogna collaborare: anche le archistar hanno bisogno di una squadra, l’architetto è come un regista, che dà direzione al team.

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