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La luce nelle chiese in prospettiva storica: il rosone

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La luce nelle chiese in prospettiva storica: il rosone

O somma luce che tanto ti levi da’ concetti mortali…

Dante Alighieri, Paradiso XXXIII

Nella storia dell’architettura i luoghi di culto, ad esempio le chiese così familiari alla tradizione italiana, sono spesso progettati per essere letteralmente inondati di luce. Questo non deve sorprenderci perché già alcune attestazioni del Vangelo identificano la luce con la divinità, assimilazione ribadita dai filosofi cristiani e dalla letteratura medievale, pensiamo ad esempio alla rappresentazione del Paradiso dantesco.

Luce naturale, superfici riflettenti di arredi preziosi che la esaltano, luce bianca ma anche luce colorata. Molto tempo prima dell’avvento della cromoterapia, le chiese romaniche e gotiche sono concepite come spazi architettonici rischiarati da vetrate colorate, di cui l’esempio per eccellenza è il rosone. Caratteristico delle cattedrali medievali, di cui costituisce il motivo centrale delle facciate, la sua forma circolare è espressione di perfezione e armonia. Decorato con elementi geometrici ispirati al mondo vegetale, con le sue forme e colori il rosone emoziona e conquista ed è ideato per offrire una sensazione visiva della divinità: come le vetrate riparano dalle intemperie pur lasciandosi attraversare dai raggi solari, riempiendo di colore le navate dell’edificio, così Dio protegge i suoi fedeli illuminandoli al contempo.

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